Quante volte vi è capitato di dire o aver sentito dire, dopo aver preso in mano un bell’oggetto stampato in 3D, la frase: Che preciso questo oggetto ! A questo punto è bene iniziare a dire che la terminologia utilizzata NON è corretta! Quando si analizza un oggetto guardandolo (senza un calibro/metro in mano), stiamo in realtà valutandone la RISOLUZIONE di stampa in Z (in verticale). E’ cosa risaputa che tutte le tecnologie di stampa 3D lavorano a “strati” , e lo spessore di questi determina la massima risoluzione di stampa in Z di una macchina. Più gli strati saranno sottili e più BELLI verranno fuori gli oggetti in quanto la scalinatura tipica della stampa 3d diventerà quasi impercettibile. Prendiamo come esempio una FDM (stampante 3D a filo) e una DLP (quella a resina): la prima mediamente può arrivare a 100 micron (0.1 mm) di minima altezza del layer di stampa, la seconda arriva tranquillamente anche a 20 micron (0.02 mm). Qui sotto potete vedere una comparativa del medesimo oggetto stampato in FDM a risoluzioni in Z differenti: da 0.15 mm a sinistra fino ad arrivare a 0.4 mm a destra. La domanda sorge spontanea: un oggetto BELLO/IN ALTA RISOLUZIONE è automaticamente preciso? NO ! I due concetti sono slegati ed è infatti possibile avere oggetti con una risoluzione incredibile e bellissimi da vedere ma , quando andiamo a misurarli , risultano essere completamente fuori tolleranza dalle misure impostate a CAD. Al contrario posso avere un oggetto “brutto” da vedersi ma assai preciso in termini dimensionali. Ci tengo a precisare che in queste ultime righe il termine PRECISO è stato utilizzato in maniera non idonea in quanto il termine corretto da utilizzare è ACCURATO. Se la mia macchina stampa un cubo disegnato a CAD da 20X20 mm e rilevo una misura di 20.1X20.1 mm, posso definire che è accurata. Se poi decido di stampare diversi cubi disposti sul piatto di stampa, e le misure rilevate a fine stampa sono molto simili tra loro, allora posso dire che la mia macchina è precisa/ha una buona ripetibilità. Sul singolo pezzo è semplice rimanere in tolleranze strette: discorso diverso quando la macchina deve lavorare su un piatto molto esteso (e magari riscaldato) dove le variazioni di inclinazione del piano o della temperatura di esso possono portare a differenze sostanziali tra i vari oggetti stampati su di esso. L’accuratezza si riferisce a quanto siamo vicini al valore reale con una data misura, mentre la precisione si riferisce a quanto si avvicinano tra di loro misure indipendenti. L’accuratezza e la ripetibilità(precisione) di una stampante 3D sono parametri da tenere in SERIA considerazione durante la fase di scelta. Se una persona è alle prime armi e deve solo soddisfare una propria curiosità personale, allora va bene anche un kit economico. Per le aziende che richiedono tollerante strette del manufatto è preferibile selezionare la macchina secondo questi due valori piuttosto che su quelli della risoluzione in Z. I produttori odierni fanno leva su questo valore per incuriosire il cliente ed ammaliarlo con stampe stratosferiche facendo passare magari in secondo piano una meccanica non altrettanto affidabile. Per qualcuno invece c’è la necessità di avere un pezzo estremamente curato dal lato estetico anche se magari quello dimensionale non è corretto al 100%. Considerando comunque che tolleranze sotto il decimo di mm è difficile ottenerle con la stampa 3D, che parametri influiscono sulla accuratezza e ripetibilità di una macchina (FDM in questo caso)? Il telaio e la sua rigidezza. Meno flette e meno vibra e migliore sarà poi il manufatto (anche in termini di risoluzione) Il tipo di movimentazione (vite a ricircolo di sfere, cinghia e puleggia, barra filettata, vite trapezia) e relativi giochi di movimento In alcuni casi limite anche il microstepping impostato dei driver di stampa (1/1 , 1/4, 1/16, 1/32,1/64). Più questo sarà elevato e più piccolo sarà il minimo movimento possibile (risoluzione XY) Il N° di denti della puleggia motrice/condotta o il passo della vite Velocità di stampa Materiale utilizzato per la stampa Piccola precisazione sulla risoluzione XY: come per quella in Z, tale risoluzione planare ci consente di ottenere manufatti di ottima qualità ma non è detto che poi risultino accurati in termini dimensionali. In particolare la possiamo definire come la “capacità di riprodurre il minimo dettaglio” ovvero, tanto più piccoli saranno gli spostamenti della mia macchina e migliori/più definiti risulteranno i particolari di una stampa (i dettagli di un volto per esempio). Grazie al microstepping dei nuovi driver di stampa è possibile ottenere degli spostamenti veramente irrisori e quasi impercettibili all’occhio umano: dunque vi starete chiedendo come mai le stampanti 3D a filamento di tipo FDM non vengano utilizzate anche nel campo della gioielleria o ad esempio delle miniature da modellismo. La risposta è semplice: mentre in quelle utilizzate per il dentale e la gioielleria si utilizza un laser con uno spot di 50 micron o un proiettore DLP con proiezione del singolo pixel grande anche 49 micron (che si traduce in particolari minuscoli perfettamente riprodotti), nella stampa 3D FDM entra in gioco un componente che rimescola tutte le carte… il NOZZLE o UGELLO. Possiamo dunque avere la macchina con movimentazioni perfette, microstepping elevati ecc ecc ma alla fine il minor particolare riproducibile è determinato dal DIAMETRO dell’ugello. Il filamento, in questo punto esatto, passa dal suo diametro nominale di 1.75 mm (o 3.00 mm) fino a 0.4/0.35 mm (400/350 micron) mediamente. Di conseguenza oggetti molto piccoli e con particolari al di sotto di queste dimensioni NON vengono riprodotti. Per rendere più chiara la differenza ecco una serie di immagini esplicative: E’ evidente che utilizzare un ugello molto più fino porta ad avere una miglior definizione dell’oggetto. Ma questo beneficio porta anche un grosso svantaggio: i tempi di stampa possono anche raddoppiare se non addirittura triplicare. Con alcuni materiali, in abbinamento ad ugelli molto sottili, si potrebbero verificare anche delaminazioni da scarsa aderenza interlayer. Questi saranno comunque argomenti trattati in un articolo a parte. Nella foto qui sopra (non chiarissima ma comunque visibile) è possibile notare che con
Come calibrare il piano di stampa
Forse la bestia nera per molti utenti che si avvicinano al mondo della stampa 3D è proprio “calibrare il piano di stampa”. A mio parere la parte più semplice da tarare ma a sua volta la parte più importante per una buona riuscita di una stampa. Il corretto livellamento del piatto: se questo non è tarato in maniera corretta vi darà luogo ad alcune zone in cui il filamento estruso aderirà al piatto, e altre in cui proprio non ne vorrà sapere. Alcune stampanti escono con la calibrazione automatica del piatto. Certo agevola molto, ma partire con una calibrazione “old-school” fatta a mano e occhio, ripaga sempre e da comunque ottimi risultati. Fatta le prime volte poi ci si abitua e la si regola anche durante una stampa. Fattori che influenzano una buona riuscita di una calibrazione: Stampare su piani riscaldati direttamente non è una buona idea: tendono ad IMBARCARSI facilmente, compromettendo tutta la calibrazione. Consiglio sempre l’utilizzo di un piano di vetro Pyrex da 3 mm (minimo) per renderlo meno incline a deformazioni. E’ bene pulire accuratamente l’ugello da ogni residuo nella parte in cui esce il materiale Eseguite la calibrazione a piatto CALDO così potrete capire di quanto si deforma rispetto a quando è freddo. NON applicate colle, lacche varie, spray, pellicole, kapton ecc ecc. Regolate il tutto PRIMA di applicare gli ausili di stampa. Per calibrare un piano si agisce sulle 4 o 3 viti con le molle presenti sul piatto di stampa: avvitandole si ABBASSA il piano, viceversa lo si ALZA. La calibrazione a 4 viti di solito è un po’ più laboriosa rispetto a quella a 3. Qual’è il nostro OBIETTIVO ? Far si che la distanza piano – ugello sia la più costante possibile in tutte le aree del piano. Faccio subito presente che la calibrazione “ideale-perfetta” potrebbe non essere mai raggiunta: fermiamoci anche ad un risultato soddisfacente e non andiamo per forza a guardare i centesimi con il comparatore centesimale. Molti dicono di usare un foglio A4 da mettere tra piano e ugello, ma se ci pensate potete mettere QUALSIASI tipo di spessore… anche da 3 mm ! Perchè? La risposta è semplice. Il foglio, come qualsiasi altro SPESSORE ci sanno indicare se la distanza tra l’ugello e il piano è la medesima in tutti i punti. Nel caso del foglio A4 basta inserirlo sotto l’ugello, tirarlo a se e far si che la FRIZIONE che sentite con il piano sia presente in egual modo in tutti gli altri punti. Per far si che accada dovete agire sulle viti svitandole o avvitandole. Come? alcune macchine (come le Sharebot) hanno una proceduta di calibrazione manuale “guidata”. La macchina si ferma in diversi punti e ti permette di regolare la vite e la frizione del foglio di carta. Altre, come le Prusa i3 con firmware stock devono essere “azzerate” tramite il comando di HOMING degli assi (via Repetier Host oppure da pannello di controllo LCD) e POI si procede a spostare la testa di stampa nei vari punti. Consiglio sempre di partire dai 4 angoli e poi passare al centro. Meglio ancora se la procedura di controllo dei 4 angoli la eseguite anche 2 o più volte: in caso di piani molto starati è difficile azzeccare al primo colpo la taratura. Ora non rimane che regolare correttamente il primo layer di stampa agendo sul valore del Z-Offset. Come fare a capire se il piatto è livellato correttamente? Nulla di più semplice: lanciate la stampa di una serie di rettangoli/quadrati/cerchi sparsi sul piano di stampa (consiglio questo file già pronto) e controllate come aderisco al piatto. Tenete a portata di mano una brugola per fare degli aggiustamenti sulle viti “in itinere”. In un solo colpo avrete regolato Z-offset e il piatto di stampa! Calibrare il piano di stampa di una stampante 3D è una delle cose più noiose, ma allo stesso tempo FONDAMENTALE, da effettuare per chi si avvicina per la prima volta a questo mondo. Con il tempo e diverse prove/sbagli poi regolerete le imperfezioni direttamente a stampa iniziata. Perchè si deve livellare il piatto di stampa ? Beh molto semplice, se questo risulta essere più distante dall’ugello in alcune zone piuttosto che in altre, allora potremmo incappare in fastidiosi difetti di stampa. In particolare quelli relativi al distacco dell’oggetto dal piatto: prestare una buona attenzione al primo layer di stampa garantisce quasi sempre una stampata discreta. Inutile continuare a stampare se si sa già che la base non è delle migliori! La scelta dello spessore spesso si sente parlare di foglio di carta A4 per la regolazione del piatto. Si è comodo e facilmente reperibile. Inoltre fornisce una “buona” distanza tra ugello (nozzle) e piatto. Questa distanza, come vedremo in seguito NON è detto che sia sempre quella più adatta. Ed ecco quindi che vi dico di utilizzare quello che volete come spessimetro, l’importante è che non si possa incidere facilmente. Potete usare una carta di credito, un cartoncino molto spesso, un lamierino ecc ecc… il suo unico scopo sarà quello di aiutarvi a verificare che la distanza ugello/piatto sia uniforme su TUTTO il piano ! Gli aggiustamenti definitivi verranno poi fatti regolandosi con i registri di fine corsa oppure direttamente applicando degli offset nello slicer. Per queste regolazioni verrà fatto un video dedicato prossimamente. Come livello il piatto? Lasciate perdere costosissime bolle o comparatori centesimali… La calibrazione servirà a mettere in condizioni di “perfetto” parallelismo il piatto di stampa nei confronti del carrello di estrusione. Quindi che il piano di lavoro in cui siete sia ben livellato poco cambia… Ed è per quello che non è il caso di lavorare con la livella a bolla. Se prendiamo come riferimento il mobile su cui è poggiata la macchina, allora bisogna regolare, oltre al piano, anche il perfetto livellamento del carrello XY rispetto al mobile. Un bel caos… 99% dei casi dovreste trovare delle manopoline/viti con delle molle SOTTO al piatto riscaldato (o non). In alcuni casi saranno 3 in altri 4: svitandole o avvitandole muoverete il piatto su
Come impostare il valore Z – Offset
Nel precedente articolo ho spiegato che UNA delle cause principali che portano all’insuccesso di una stampa, è quella relativa alla corretta adesione del primo layer di stampa sul piano di stampa. Che cosa indica dunque il valore Z – OFFSET che si trova spesso nei programmi di slicing? E’ la distanza (vedere foto articolo) che c’è tra ugello e piano di lavoro. Abbiamo già capito come vedere se un primo layer è buono o meno, ma come si agisce “fisicamente” sulla stampante? In due modi: Meccanicamente: oramai quasi tutte le stampanti in circolazione sono dotate di una vite regolabile che agisce sullo switch di fine corsa dell’asse Z. Cosa fa questa vite? Determina proprio il nostro valore dello Z offset. Se la AVVITIAMO andremo ad AVVICINARE l’ugello al piano di lavoro. Viceversa, SVITANDOLA, andremo ad ALLONTANARE l’ugello dal piano di stampa.Procedete SEMPRE a 1/4 di giro massimo alla volta per evitare di danneggiare il piano. NB: Per alcune stampanti il processo potrebbe essere l’inverso. Tramite settaggio software: ogni slicer in commercio ha oramai la possibilità di regolare questo valore. Se la vostra macchina non è predisposta con una vite sul fine corsa della Z e non volete diventare matti a regolare il piano abbassandolo o alzandolo ogni volta con il famigerato foglio A4, questo è il valore da modificare che stavate cercando. Di solito il valore è espresso in mm e un numero positivo rappresenta un ALLONTANAMENTO dal piatto di stampa. E’ possibile anche inserire valori negativi per avvicinare l’ugello al piatto. CONSIGLIO: non superate valori di 0.1 mm alla volta o rischierete di rovinare il piatto di stampa. Procedete per gradi. Tutto ciò non funzionerà MAI se non avete un piatto di stampa ben calibrato o meglio chiamato “in bolla”. Date una letta all’articolo: Come calibrare il piatto di stampa
Come regolare la distanza piatto – ugello
Nello scorso video abbiamo visto come si calibra correttamente un piano di stampa: o meglio, abbiamo imparato come metterlo a livello rispetto al nostro carrello di stampa. La guida di oggi invece spiegherà come far aderire correttamente al piatto di stampa il nostro oggetto. Prima di procedere: Livellate correttamente il piatto. Se usate del vetro pulitelo bene e poi spruzzateci sopra un velo di lacca Splendor per far meglio aderire il filamento. NOTA: chi monta un qualsiasi tipo di ABL – Auto Bed Leveling dovrà regolare lo Z-Offset direttamente da valore impostato a firmware o tramite menu LCD o comando da terminale. Il valore da modificare è quello del PROBE OFFSET Il primo strato di stampa è fondamentale, è la base di tutta la vostra stampa. Se questo viene fuori male, è molto probabile che poi la stampa continui peggio. I fenomeni di distaccamento dal piano sono molte volte associati SOLO ad un livellamento non uniforme del piano: si certo, come dicevo prima è sempre bene avere un piatto il più livellato possibile. Però capita anche che dopo una attenta regolazione, il pezzo si stacchi ancora. E allora giù flaconi interi di lacca, intrugli chimici a base di ABS sciolto, nastro kapton, tappetini buildtak ecc ecc ma il problema resta sempre lo stesso: il pezzo si stacca. Tralasciando le TECNICHE per evitare lo strano effetto del warping con certi materiali (ABS, Nylon ; policarbonato ecc ecc), oggi parliamo di come dovrebbe apparire un primo strato corretto. Attenzione che NON è la soluzione a tutti i problemi di distaccamento, però prendendo una situazione tipicamente casalinga dove si stampa al 90% in PLA, diciamo che lacca + vetro + livellamento + primo strato (z offset) corretto, bastano e avanzano per farvi fare stampe di generose dimensioni senza incappare in fastidiosi fenomeni di distacco. In un video a parte tratterò invece tutte quei piccoli accorgimenti che vanno utilizzati quando si stampano materiali difficili: dalle impostazioni di slicing (raft e brim) fino ai substrati su cui far aderire i nostri oggetti. Tornando alla regolazione del primo strato di stampa, questa si chiama regolazione dello Z-OFFSET ovvero quella distanza, quell’aria che ci deve essere tra ugello e piano di stampa. Certamente usare il famoso foglio di carta in fase di livellamento, vi porta ad impostare implicitamente anche uno z-offset “quasi” buono. Ogni materiale e ogni tipo di stampa richiede però un diverso settaggio di questo parametro. Come lo regoliamo? Mi dispiace dirlo ma qui si va ad occhio, dopo un po’ di stampe capirete subito se state stampando un primo strato corretto. Arriverete anche a regolarlo in corsa! Gap troppo ridotto = primo layer molto schiacciato al piatto. Alle volte addirittura nemmeno estrude e manda in backpressure il filamento fuso all’interno del nozzle. Gap troppo alto = distaccamento quasi sicuro dell’oggetto dal piano durante la stampa o direttamente nessuna aderenza Gap giusto è quello, guardando il fondo di una stampa, che vi permette di distinguere nettamente i loop/perimetri e il riempimento pieno della base. Ci deve essere un lieve sormonto tra questi per far si che il filamento risulti un poco schiacciato e quindi aumenti la sua aderenza al piatto. Come modifico fisicamente lo z-offset? Ci sono vari modi, starà poi a voi scegliere quello che preferite. Regolazione meccanica agendo direttamente sul fine corsa della Z. Oramai quasi tutte le stampanti hanno una vite con una molla giusto nel punto in cui il fine corsa va a battere. Vi basterà agire su questa vite per alzare o abbassare il carrello rispetto al piatto. Potete aggiungere un offset direttamente dal vostro software di slicing, in particolare Simplify 3D, Kisslicer e Slic3r permettono di inserire manualmente questo valore. Quanto? Beh dipende dal gap che avete ma ricordate che non potete inserire valori negativi in quanto una volta azzerato l’asse, lo switch farà da fine corsa e non vi porterà oltre. Di conseguenza , se scegliete questa strada, cercate di regolarvi inizialmente schiacciati e poi date solo valori positivi (a colpi di 0.1/0.2 mm) nel campo dedicato allo z-offset. Fate diverse prove fino a quando non troverete quello che più vi soddisfa. Alzare o abbassare direttamente tutto il piano agendo sulle 4 (o 3) viti. Soluzione sconsigliata in quanto rischiate di sballare tutta la calibrazione/livellamento fatto in precedenza. Usate questa procedura per regolare solo UNA delle viti, magari in prossimità di quell’angolo che rimane più alto rispetto agli altri. Detto questo si possono trarre delle conclusioni: cerchiamo di preferire un primo layer “schiacciato” (ma non troppo) quando abbiamo problemi di distacco frequenti o in particolare su pezzi molto grandi. Attenzione all’effetto “zampa di elefante” che potrebbe venirsi a creare: Date una occhiata a questo mio video https://youtu.be/mpd22vvkNxM?t=4m26s per capire a cosa mi riferisco. Attenzione che schiacciare troppo al piatto in vetro il primo strato, può portare poi alla rottura di questo in fase di distacco dell’oggetto. Oggetti stampati con un gap alto in primo strato vi permetteranno però una accuratezza dimensionale (solo per quei primi 5 o 6 strati di base) maggiore. E’ preferibile comunque cercare di stampare “leggermente” schiacciati al piatto (ma non troppo).
Stampa 3D e Cardiochirurgia: un connubio perfetto
Che cosa è la Digital/Personal Fabrication ? “E’ la capacità di trasformare gli ATOMI in BIT e i BIT in ATOMI” La stampa 3D è UNO degli strumenti a nostra disposizione. Stampa 3D, TAC, Digital Modeling… tutti termini complessi che necessitano di una semplice spiegazione: l’interazione tra Digital Fabrication e il mondo medicale/pre-operatorio è fortissima. Durante questo workshop verranno spiegati i principali passi da compiere e le nozioni base da sapere per potersi avventurare in questo nuovo mondo. [maxbutton id=”2″] Le applicazioni utili della Stampa 3D: una breve introduzione al vasto mondo della tecnologia additiva. Andrea Pirazzini, Responsabile del FabLab Padova e CEO di Help3d.it Descrizione: oramai dire “stampo in 3D” non è più un tabù. La tecnologia additiva è entrata anche nelle nostre case grazie a costi non più proibitivi. Ma molti si chiedono: cosa ci stampo ora ? Questa breve introduzione serve a far capire che la stampa 3D (anche quella economica) non è fatta solo per fare gufetti e braccialetti. Data: Giovedì 22 Ottobre alle 19:00 Durata: 30 minuti + 10 di discussione Clinical Application of 3D Printing in Cardiac Surgery Prof. Gino Gerosa, Direttore Unità Operativa di Cardiochirurgia Dott. Michele Gallo, Università degli Studi di Padova Descrizione: come e quanto può essere utile la stampa 3D in Cardiochirurgia? Come faccio a replicare parti anatomiche del mio corpo per una analisi pre-operatoria? Due ospiti d’eccezione ci parleranno di questo e molto altro. Prototipazione 3D del cuore artificiale totale di Padova Fitting 3D del cuore artificiale totale Prototipazione 3D per il trattamento chirurgico di cardiopatie congenite adulte Prototipazione 3D per il trattamento transcatetere delle valvulopatie Data: Giovedì 22 Ottobre alle 19:30 Durata: 30 minuti + 10 di discussione La location dei due talk è il FABLAB PADOVA Talent-Lab. Promosso dalla “Fondazione Opera Immacolata Concezione” all’interno del centro Civitas Vitae, si articola su seicento metri quadri e diverse stanze: l’area fablab con stampanti 3D che consentano ai giovani artigiani di sperimentare le nuove tecnologie che incrociano bricolage e disegno Cad; l’area coworking in cui gli aspiranti neo imprenditori possono utilizzare come ufficio (con scrivania, connessione, computer, sala riunioni) un’area comune; un’area musica composta da sala prove e studio di registrazione/web radio. Evento partner di DIGITALmeet: Dal 22 al 25 ottobre avrà luogo la terza edizione di DIGITALmeet, il più grande evento del Triveneto dedicato principalmente all’alfabetizzazione digitale verso cittadini e imprese: più di 70 eventi in 4 giorni, con più di 150 speaker, un grande impegno per tutti noi per affermare una diversa cultura del web, della comunicazione e del digitale nei nostri territori promosso da Fondazione Comunica e Talent Garden Padova, in collaborazione con Talent Garden Pordenone.
E dopo il 3D… arriva il 4D
Già facciamo fatica a digerire il 3D che subito esce il 4D ? Niente panico, è una naturale evoluzione delle cose: prendiamo un oggetto stampato in 3D ma realizzato con un materiale che riesca a modificare la Now, scientists have found a way to 3D print smart shape memory polymers (SMPs) that can self-fold into precise, predetermined shapes when exposed to uniform heat. propria forma una volta che viene esposto ad una fonte di calore. Il video qui sotto spiega tutto SMPs are smart digital materials with different shape memory behaviours. They can sense environmental changes, such as heat, moisture, or light, and react accordingly, going from one shape to another in a predetermined sequence. 3D printing technology enables the printing of multiple SMPs, each with different dynamic properties in prescribed patterns. This means that the entire structure can be heated evenly, but each SMP will respond at a different rate according to its precise material properties and internal clock. By carefully timing these changes, researchers can set-up complex structures without the risk of collisions between the components during the folding/unfolding processes. Ogni tipo di materiale ha determinate caratteristiche di ritrazione che possono variare in funzione della temperatura esterna, della luce o dell’umidità. La stampa multimateriale permetterà la realizzazione di oggetti complessi che una volta scaldati tutti assieme reagiranno con tempistiche differenti (vedere il video). Fonte: 3Ders.org
Che cosa è la stampa 3D ?
Per definire la stampa 3D e la sua utilità un libro non basta, nemmeno due tantomeno cinquanta. La stampa 3D ci circonda quotidianamente anche se non ce ne accorgiamo. L’hype della stampa 3D CONSUMER finalmente si sta sgonfiando, lasciando così posto ad applicazioni UTILI e non ai milioni di gufetti e braccialetti che si sono stampati in questi ultimi 4 anni. Per riassumere i vantaggi e il funzionamento della tecnologia additiva neanche un post su questo blog basterebbe … ma questo video ci va veramente vicino. Enjoy.
#Remake3D – Aprono i nuovi Hub del riciclo
Interessante iniziativa proposta dal noto portale di stampanti 3D – 3DHUBS . Offrire la possibilità a coloro che stampano in casa come anche in azienda, di poter riciclare i materiali che vengono inevitabilmente scartati a causa di stampe interrotte per failure della macchina o meglio ancora per recuperare tutta la plastica che si butta via nelle stampe che richiedono l’utilizzo dei supporti. Molti si staranno chiedendo: “ma non esistono già soluzioni come il Filamaker o il Filastruder ?” si certo… peccato che abbiano dei costi non del tutto abbordabili e comunque non sono convenienti nei casi in cui si debba solamente riciclare i propri scarti. Diverso è quando invece mettono a disposizione una macchina con una campagna come questa che invita anche i piccoli “scartatori” a metter da parte i propri orrori di stampa per poi generare nuovo filamento. Per il momento sono aperti gli hub di Londra, Breda e Boston: saranno dotati di una macina materiali targata Filamaker e di un gruppo di estrusione Filabot. Fonte: 3Dprintingindustry