Stampo si o stampo no ? Se si, con la stampante 3D o metodo tradizionale? Bella domanda! Molto dipende dall’oggetto che dobbiamo replicare, dalla sua forma, dai dettagli, da quanti “incavi” o sottosquadra presenta. Per coprire l’argomento non basterebbero 4 video, ci sono veramente tante cose da dire a riguardo. Un mondo decisamente interessante! Con il metodo tradizionale si prende l’oggetto da replicare e si crea uno stampo, creando una cassaforma e poi colando all’interno del silicone per stampi. Esistono stampi di tipo aperto con fondo chiuso. Il canale di colata è dall’alto (l’esempio del video per intenderci) oppure stampi bivalve (o a più valve se necessario), nei quali l’oggetto risulta completamente racchiuso nello stampo. Saranno presenti inoltre uno o più punti di ingresso materiale così come diversi canali di sfogo per l’aria. Diversamente dallo stampo aperto, qui l’aria fa fatica ad uscire. Con la stampa 3D si segue lo stesso procedimento solo che… stamperemo direttamente lo stampo, saltando di fatto la procedura di creazione dello stampo in silicone partendo da un oggetto esistente. Premessa: mi occupo di stampa 3D e non sono uno stampista. Probabilmente chi leggerà in questo momento, e fa di lavoro lo stampista da decenni, potrebbe dirmi “eh ma era meglio farlo così , era meglio farlo cosà”. Certo, non lo metto in dubbio e se puoi scrivimi nei commenti dove posso migliorare. Questa guida nasce principalmente per far capire alle persone le POTENZIALITÀ’ della stampa 3D applicate anche alle tecniche più tradizionali. Poi sulle tecniche di come si realizza uno stampo avrò una vita per imparare! Perchè ho voluto realizzare uno stampo per questo oggetto? Si tratta di un tampone fine corsa delle forcelle che utilizziamo in pista con le nostre Pitbike (YES PITBIKES ndr). Serve per evitare che gli steli vadano a sbattere sul telaio, piegando loro stessi e il traliccio del telaio. Il primo step è stato quelle di realizzarle in stampa 3D direttamente, utilizzando filamenti con base TPU e una durezza pari a 20 Shore D. Si sa, l’elastomero in stampa 3D deve estrudere più lento rispetto ad un PLA. Il materiale poi non costa proprio poco e per finire… dovevo stamparne diversi pezzi alla volta. La cosa che però mi ha fatto propendere per lo stampo è stato il discorso di farli pieni al 100%: per questioni di tempo li ho stampati in 3D con riempimenti variabili tra il 40% e il 60%, tempi biblici per la stampa. Ancor di più se consideriamo una stampa 100% piena !! C’è da dire che comunque il pezzo stampato in 3D è stato funzionale e perfettamente utilizzabile (provato personalmente con diverse cadute!). Ora, dopo aver realizzato 12 stampi stampati in 3D (scusate i giochi di parole), riesco a produrre in meno tempo gli oggetti di prima ma completamente pieni. Senza dover impegnare le macchine per ore e ore e spendendo meno per il materiale di partenza. Certo il procedimento può risultare un po’ laborioso rispetto a mettere un file sulla stampante e premere “stampa”, ma vi assicuro che ottenere 6 coppie (12 pz totali) ALLA VOLTA in una notte di asciugatura è un bello sprint! Uno mi dirà “compra più stampanti ! “ e io rispondo “mi costa meno fare gli stampi 🙂 🙂 “ Tutti questi bei discorsi valgono in due casi: per ottimizzare i tempi e costi di produzione in caso di stampe in serie per ottenere manufatti in materiale flessibile, che normalmente in FDM è difficile ottenere se non ricorrendo a complicati (e poco estetici) supporti di stampa, quasi impossibili da rimuovere. Perchè non ho creato uno stampo in silicone e ho optato per quello in stampa 3D ? Beh, lavoro con la stampa 3D mi è sembrato il minimo realizzarlo con le macchine Sharebot che ho in sede! Andiamo ad analizzare i pro che mi hanno portato a crearlo con la stampante 3D: Salto il passaggio della creazione di uno stampo con il silicone. Può essere un pro o un contro, vedremo più tardi. Lo stampo, me la creo come voglio tramite disegno 3D. Uno degli svantaggi principali quando si fanno stampi bivalve (o più), è quello di posizionare i canali di colata e di sfogo aria mentre stai colando il materiale. Si usano dei bastoncini solitamente e poi creare la cassaforma che poi contenga la colata liquida di silicone per stampi, non sempre è facile da realizzare. Con la modellazione 3D posso ricavarmi tutti i canali di colata e gli sfoghi aria. Ma posso anche creare degli incastri che permettono al mio stampo, composto da più parti, di rimanere perfettamente allineato durante la colata. Costa meno che crearlo con una gomma siliconica per stampi. Ho impiegato meno tempo rispetto al metodo tradizionale (non sempre è così però) Analizziamo gli eventuali svantaggi? Bisogna saper modellare in 3D. C’è poco da fare, per sbloccare il potenziale della vostra stampante 3D bisogna sapere utilizzare un programma CAD per il disegno digitale. Quale? Bella domanda… a seconda dello stampo che si deve creare utilizzeremo due software in particolare: Fusion 360 e Meshmixer, entrambi di Autodesk. Riproduzione dei dettagli: nota DOLENTE quando si parla di stampanti 3D FDM. C’è una cosa da sapere molto importante: la gomma colata nello stampo copia TUTTI i difetti presenti nella stampa, layer di stampa compresi. E’ importante quindi scegliere BENE la tecnologia di stampa più adatta per realizzare il nostro stampo. Nel mio caso, il tampone, non avevo assolutamente bisogno di una finitura eccezionale: lo stampo è stato realizzato con le seguenti caratteristiche: Materiale? Semplicissimo PLA. La reazione del poliuretano usato per la colata non è così esotermica (non produce calore) da dover giustificare l’utilizzo di altri materiali più tecnici. Fate attenzione, quando scegliete la resina da colare, alle temperature alle quali reticola e se produce calore in fase di catalisi. Layer da 0.2 mm e riempimento dello stampo al 20%. N° di loop/perimetri 5. Potevo stampare a layer più sottili ma… non mi interessava alla fine. Se abbiamo bisogno di finiture PERFETTE dello stampo, preferite l’utilizzo
Come modificare un file .gcode
Spesso ci si trova in difficoltà nel gestire i files generati per le stampanti 3D dagli slicer: e se vi dicessi che sono dei semplicissimi documenti che potete aprire e modificare persino con il cellulare? Andando per gradi… perchè editare/modificare un files .gcode? Si perchè è proprio questa l’estensione del file che le stampanti 3D leggono, un po’ come andare dalla copisteria a farsi stampare la tesina in .pdf. Non si mette di certo l’STL direttamente in macchina, si deve passare attraverso un passaggio di conversione in coordinate. Lo slicer, che sia Simplify 3D, Cura, Kisslicer , Slic3r, fa proprio questo: converte un modello 3D in tanti strati “2D”. Ogni strato viene, passatemi il termine, disegnato dalla stampante seguendo delle istruzioni/coordinate di tipo cartesiano. Tralasciando il discorso stampante Delta, le più comuni cartesiane tipo Prusa, Anet, Creality ecc ecc si muovo su 3 assi distinti X, Y e Z. All’interno del file . gcode si troveranno istruzioni di : Movimento, espresse in vere e proprie coordinate. Un po’ come giocare a battaglia navale. Il comando G1 X10 Y20 Z5 (partendo da una coordinata a 0 in tutti e tre gli assi) farà muovere la stampante di 10 mm in X, 20 in Y e 5 in Z. Quando si parla di estrusione la coordinata sarà espressa come E. Velocità (espressa in mm/min): il comando di prima, con associato il valore F1000 alla fine, farà muovere la stampante con una velocità pari a 1000 mm al minuto, pari a 16 mm/s. Temperatura: comandi tipo M190 e M104 indicano a che temperatura arriverà il nozzle e tante altre cose tipo gestione delle ventole, sensori, luci, azzeramenti, accelerazioni ecc ecc. Questo video nasce in particolare per rispondere ad una delle domande che maggiormente fate sul canale Youtube nei video relativi alla calibrazione degli step/mm degli assi ed estrusore. Ma se la mia stampante ha la EEPROM “bloccata” e non riesco a salvare i valori, come faccio a darglieli in pasto ugualmente? Le mie risposte veloci sono sempre: Inserisci manualmente la stringa nel file gcode Modifica lo start gcode nel tuo slicer preferito Due procedure che portano allo stesso risultato. Una più laboriosa, l’altra meno. Modificare un files di tipo .gcode https://www.sublimetext.com/ https://notepad-plus-plus.org Questi sono due editor di testo che consiglio per poter aprire correttamente questo tipo di estensione. In realtà, se provate, si aprono anche con un banalissimo notepad di Windows. Questi due software sono più comodi ed offrono una visualizzazione del codice molto più ordinata. Piccola nota sull’editor integrato di MacOs: non usatelo… in alcuni casi riformatta alcuni caratteri e il gcode non viene letto correttamente. Una volta aperto il file vi troverete di fronte ad una lista di comandi infinita. Alcune volte vengono riportate anche le informazioni di slicing ma sono SOLO per consultazione. Se li modificate non cambia di certo il resto del gcode! Ricordatevi che è lo slicer il motore che genera tutte le coordinate. Quello che potete variare sono invece le coordinate vere e proprie oppure direttamente i valori di temperatura e velocità. Tutto quello che non ha un ; (punto e virgola) davanti, allora è qualcosa che se modificato allora viene letto dalla stampante. Volete una lista dei comandi G che governano le nostre stampanti? http://reprap.org/wiki/G-code ecco a voi! Poi fate attenzione che alcuni Firmware (tipo MarlinKimbra) hanno comandi leggermente differenti oppure addirittura comandi esclusivi per quel firmware. Riprendendo parte dell’articolo scritto dal Mago sulla EEPROM : https://www.marlinkimbra.it/?p=948 “Alcune variabili però sono rimaste come gli step per mm, le velocità e le accelerazioni, variabili, che con gcode o con il display, è possibile modificare senza scaricare il firmware ricompilato. Ora questi valori però se modificati essendo in ram allo spegnimento della stampante tornano a essere quelli che erano inizialmente cioè quelli dettati dalle configurazioni, per esempio se si varia la velocità da 100 a 110 per un asse, durante tutto il funzionamento della stampante quel valore sarà 110, ma alla nuova accensione tornerà a essere 100 costringendo l’utente a inserire gocde negli start gocde per rimettere a 110 quel valore. Ecco che ci arriva in aiuto la EEPROM, cioè una memoria scrivibile dal software stesso permanente finche non sovra scritta.Quindi se io modifico il valore della velocità con il display o con il gcode e lo porto a 110 e poi lo memorizzo in EEPROM (se attiva), alla nuova accensione verrà letta la EEPROM e invece di mettere a 100 (come settato nella configurazione) la velocità il firmware la mette a 110” è facile capire che avere la EEPROM abilitata ci aiuta notevolmente a “pasticciare” con i parametri e a fare tante prove senza dover ricaricare il Firmware ogni volta. Per gli step/mm o le velocità però possiamo anche evitare di andare a modificare il Firmware per sbloccare la EEPROM. Questo lo dico perchè molti utenti sono già impacciati con slicing e so benissimo che si troverebbero ancora peggio nel dover flashare un firmware e riconfigurarlo da zero. La stringa M92 del video https://youtu.be/mpd22vvkNxM , ad esempio, la si può benissimo inserire all’interno di un gcode già generato. Aprite il file con un editor di testo e andate a cercare la parte relativa allo start gcode. In realtà potete metterlo anche subito nelle primissime righe! Salvate il file e rimettete in stampa: da quel momento fino a quando non spegnerete la macchina, i nuovi valori di step/mm saranno nella RAM della vostra scheda. Una volta accesa ritornerà ai valori stock (che abbia la eeprom attiva o meno). Ma appena lanceremo in stampa quel file, subito verrà letta la stringa con i valori degli step/mm. Se cambiate gcode e ne mettete uno in stampa SENZA quella stringa beh… no problem! Terrà sempre i valori M92 del precedente file messo in stampa. Se nel nuovo file ne inserite un M92 diverso questo si sovrascriverà al precedente e così via! Vi starete chiedendo… ma dove lo trovo questo benedetto Start Gcode in questo file lunghissimo? Date una occhiata al video, lo spiego
Filamento umido – Costruiamo un essiccatore
Spesso, quando si tratta di risolvere un problema con le stampe venute fuori male, il primo aspetto ad essere considerato è sempre lui. Sua maestà il filamento! La “pappa” delle nostre stampanti 3D di tipo FDM. Senza entrare nel merito di qualità/marche/produttori di filamento, cosa è meglio cosa è peggio, sappiate una cosa: una buona parte dei polimeri che utilizziamo per stampare in 3D sono igrospcopici . Che vuol dire? In breve che assorbono umidità dall’ambiente che li circonda. Spiegato in maniera più specifica metto un piccolo estratto trovato sul sito http://www.xpolymers.it/igroscopico.html AGGIORNAMENTO 2022: abbiamo scritto un nuovo articolo molto più approfondito ecco la guida completa all’essiccazione dei filamenti “Tutti i polmeri durante la fase di sintesi, di trasporto e di stoccaggio hanno la tendenza ad assorbire e trattenere l’umidità, raggiungendo un valore di equilibrio con l’ambiente, che dipende dal tipo di polimero, dall’umidità e dalla temperatura dell’aria, dalle dimensioni del granulo e da molti altri fattori, quali il compound e la tipologia di taglio del granulo.In funzione dell’assorbimento di d’acqua del polimero nell’ambiente ,i polimeri sono suddivisi in 2 categorie: igroscopiche e non igroscopiche. Nei materiali igroscopici l’acqua è assorbita all’interno del granulo plastico e si lega chimicamente con il materiale stesso,per esempio le poliammidi (PA), il policarbonato (PC), il polimetilmetacrilato (PMMA), il polietilentereftalato (PET), l’acetalica (POM),ABS, SAN e Polisulfone (PSU).Per questi polimeri la rimozione dell’umidità è più difficoltosa e richiede l’utilizzo di deumidificatori nei quali l’aria calda viene preventivamente deumidificata prima di essere insufflata nel sistema.Generalmente questi polimeri sono polari come l’acqua.” Quindi anche se compriamo il filamento più costoso del mondo e reputato con 5 stelle nella Guida Michelin e su tripadvisor, poi alla fine ci ritroveremo sempre a dargli contro se quest’ultimo assorbe umidità. Da cosa ce ne accorgiamo? Le stampe vengono fuori peggio rispetto a qualche mese prima. Superficie irregolare e magari con qualche foro qua e la. Difficoltà di estrusione/mancanza di estrusione Evidenti sfrigolii del materiale in fase di estrusione. In particolare con il Nylon Delaminazioni del pezzo/Scarsa adesione interlayer Viraggio cromatico o cambiamento delle proprietà meccaniche del filamento Sul PLA ce ne accorgiamo perchè il filo da morbido che era inizialmente, poi si spezza come un grissino. Sempre dal sito di prima: “’umidità, sia esterna che interna, influisce negativamente sulla qualità estetica e funzionale del manufatto; infatti, alle temperature di trasformazione dei materiali polimerici, l’acqua può diventare vapore, dando origine a difetti quali; aspetto opaco; striature argentate; striature brune; linee di saldatura marcate e deboli ; pezzi incompleti; sbavature; bolle superficiali, ritiri irregolari, tensioni strutturali, deformazioni e rotture, nonchè problemi di demolding ,estrazione dei pezzi.L’umidità è, infatti, uno dei problemi di qualità più frequenti, per ciò i materiali ,prima di subire una trasformazione , devono essere deumidificati ed essiccati.” E qui entrano in gioco le soluzioni. Prima di tutto bisogna saper conservare adeguatamente le bobine una volta aperte. Alzi la mano chi non sta stampando in garage o in cantina in questo momento (per evitare le mazzate da moglie/compagna). Quindi non appena le sballate dalla confezione conservate i sali essiccanti/disidratanti. Meglio ancora se ne comprate un bel po’ come QUESTI SILICA GEL e riempite il fondo di un box SAMLA IKEA. Così almeno siete sicuri che le bobine verranno conservate bene anche in ambienti non idonei. Ma cosa succede se la bobina è già compromessa e dobbiamo recuperarla? Molti tendono a scartarla e a buttarla via… non fatelo. La riprenderemo A seconda del polimero la possiamo lasciare in un classico forno casalingo per X minuti ad X gradi. Dove X dipende dalla bobina che vogliamo recuperare. Scelta ottima ma ci vuole un forno dedicato e le mogli solitamente tagliano le mani se vedono bobine di filamento girare ANCHE in forno ATTENZIONE: mettere le bobine dentro ad un box pieno zeppo di sali può aiutare ma NON risolve il problema. Aiuta solo la conservazione. Usare un ESSICCATORE ALIMENTARE opportunamente modificato come quello del video, non solo vi permette di recuperare bobine umide. Ma, meglio ancora, vi permette di tenere al caldo il filamento anche durante la stampa, condizione IDEALE anche per i filamenti che non sono umidi all’interno! Spettacolare nel caso di stampe con Nylon oppure PVA idrosolubile, dua tra i materiali più igroscopici in commercio. E’ come un piccolo fornetto che genera ARIA calda che andrà ad asciugare ben bene il nostro materiale. Quanto tempo deve rimanere dentro? Difficile da dirsi… dipende molto da come è messa la bobina, da quanta umidità ha assorbito e dal polimero che si desidera essiccare. Prendiamo in esempio un PLA classico: direi 3 ore a 50° bastano e avanzano. ——————- LINK Essendo l’essiccatore diverso nelle misure a seconda della marca scelta (consiglio QUESTO), vi lascio i link dei disegni realizzati in Fusion 360 che potete scaricare in QUALSIASI formato desideriate per poi modificarli a piacere. Il rialzo è stato disegnato volutamente a spicchi per poter permettere una stampa anche a chi non dispone di grossi volumi di stampa. Spicchi componibili: https://a360.co/2K4FJ8I Supporto centrale bobine: https://a360.co/2HDGya7 Tutti i modelli : https://goo.gl/yPwC6A NBB: se dovete lavorare con temperature fino ad un max di 55° andate di PLA senza grossi problemi. Oltre è NECESSARIO optare per PETG, ABS, PBT, NYLON o materiali che comunque possano resistere a quella temperatura impostata. DISCLAIMER: Help3D non si riterrà responsabile dei danni derivanti da un utilizzo non consono dell’essiccatore in questione. Operate sempre con la massima cautela e lavorate in ambienti areati. Non lasciate l’essiccatore acceso incustodito Ora sbizzarritevi, potete anche creare un essiccatore multipiano e mettere varie bobine! Buon divertimento
Canale e gruppo Telegram Help3D – Only for 3D Printers
Ebbene si, lo avevo promesso! Ho deciso di aprire il canale Telegram di Help3D: lo so , ne andrà della mia vita sociale ma… cercherò di bilanciare le cose! Poi non dite che non vi vizio… Vi chiedo solo una cosa, anzi un paio: non spammare, niente pornografia e niente flame. Al primo flame banno e blocco immediatamente. La chat non sarà un filo diretto ESCLUSIVO con me, bensì un luogo in cui tutti possono discutere (pacificamente) di stampa 3D e affini. Sarà anche un canale che utilizzerò per comunicare news o nuovi video in preparazione. LINK LINK LINK : CANALE: https://t.me/help_3D GRUPPO: http://bit.ly/gruppo-help3d Niente video questa settimana ma… si compensa con questo regalino! Vi aspetto ———- Link iscrizione canale youtube: https://goo.gl/pMN3fo Link pagina Facebook: https://www.facebook.com/help3d Website: https://www.help3d.it
Come montare un Hotend per la stampante 3D
Se avete problemi di estrusione, molte volte è perchè si è assemblato male l’hotend della stampante. In questo video vedremo brevemente i passaggi FONDAMENTALI da compiere per evitare: – Mancate estrusioni – Fuoriuscite di materiale dall’ugello – Rigonfiamenti del materiale nel canale della heat barrier Pochi passaggi, molto semplici ma assai importanti per evitare fastidiosi grattacapi! L’hotend del video lo potrete trovate qui: – E3DV6 : https://amzn.to/2DPKMrM – Gole e Ugelli: https://amzn.to/2DSFJqk La guida è valida sia per gli E3D originali così come per tutti i cloni presenti sulle varie Prusa I3, Creality CR10 o Anet.
Costruire oggetti resistenti stampati in 3D – Anisotropia
Se pensate che il filamento faccia tutto… vi sbagliate di grosso. La direzione di costruzione del nostro oggetto, in realtà, vi fornirà un ulteriore boost di “resistenza” se verra scelta accuratamente. In questo video parlerò del concetto di ANISOTROPIA dei pezzi stampati in 3D. Spesso si da colpa ad un materiale scadente se il nostro oggetto stampato si rompe facilmente: ogni oggetto ha la sua “storia” e il suo corretto impiattamento/direzione di stampa. Vi troverete a far fronte a dure scelte del tipo: “prediligo la resa estetica o la resa meccanica?”… deciderete voi! Materiale utilizzato PBT: https://www.help3d.it/prodotto/pbt-alta-resistenza-keytech/ Qui sotto troverete i link agli studi che ho trovato qua e la in rete: https://it.wikipedia.org/wiki/Anisotropia http://www.veryst.com/project/Anisotropy-of-3D-Printed-Polymers https://www.sculpteo.com/blog/2014/05/14/material-considerations-choose-right-plastic-production-method-part-2/ https://formlabs.com/blog/isotropy-in-SLA-3D-printing/?utm_source=social&utm_medium=facebook&utm_content=isotropyblog https://www.3dhubs.com/knowledge-base/how-does-part-orientation-affect-3d-print https://www.3dhubs.com/knowledge-base/how-design-snap-fit-joints-3d-printing https://www.3dhubs.com/knowledge-base/how-design-parts-fdm-3d-printing http://3dprintingforbeginners.com/stop-3d-printing-everything-in-one-piece/ http://my3dmatter.com/influence-infill-layer-height-pattern/